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Recensione "Mamma" del tuo animale domestico: postura rock 'n' roll

Jun 26, 2023Jun 26, 2023

L'album non riesce a catturare il fulmine in una bottiglia che ha reso così magnetico il percorso iniziale della band.

Quindici anni e alcuni progetti collaterali in gran parte dimenticati dopo lo scioglimento della band nel 2008, i Be Your Own Pet si sono riuniti per Mommy. L'album si apre con "Worship the Whip", un'ode al BDSM in cui la cantante Jemina Pearl Abegg sogghigna: "Conta le tue ciglia e implora di più... Prega all'altare nel tuo tempio del dolore", su una linea di chitarra ispida. La traccia vanta la stessa attitudine let's-rock delle precedenti uscite del quartetto garage-punk di Nashville, anche se le vibrazioni del ritorno al passato cadono sul lato polveroso.

La mancanza di sviluppo artistico può essere perdonata per una band come Be Your Own Pet che commercia in un pop-punk schietto. Ma a volte sembra che funzionino con i fumi. "Pleasure Seeker", per esempio, spara la sua mazzetta con un riff super grintoso su una canzone che altrimenti potrebbe essere caratterizzata come una nullità. Il ritornello—"Siamo in cerca di piacere/Baby, non ci interessa"—è enfatico, pieno di verve superficiale ma è facile da dimenticare quando arriva la traccia successiva.

Altrove, “Hand Grenade” suona come uno stanco rimaneggiamento delle tendenze più spigolose della musica indie degli anni 2000. I temi del superamento del trauma sono ben intenzionati ma suonano vuoti nella loro mancanza di specificità emotiva. È un problema che emerge in questo album altrimenti scattante: nonostante tutta la sua postura rock 'n' roll, Mommy spesso suona generico. Anche i guaiti selvaggi di Abegg sembrano limitati dalla scrittura meccanica delle canzoni. Se Get Awkward del 2008 aveva già un'aria di calcolo, questo album sembra progettato per innescare la nostalgia millenaria e poco altro.

Il duetto chitarra-voce nel ritornello di "Big Trouble" è un raro lampo di ispirazione nella metà posteriore della mamma, e "Goodtime!" è un momento particolarmente, beh, bello, lamentandosi delle responsabilità degli adulti. Il lamento di Abegg, che ricorda quello di Mike Muir in “Institutionalized” dei Suicidal Tendencies, è uno dei momenti più credibili dell'album, nonché uno dei più divertenti: “Nessuno mi chiama mai/Sono tutti in giro senza di me? /Che cazzo?"

La nostalgia è un grande business di questi tempi, quindi forse non c'è molto incentivo per i Be Your Own Pet a portare avanti il ​​proprio sound. Le chitarre scadenti, i ritmi trascinanti e le voci urlate sono tutti qui, ma la mamma non riesce a ritrovare il fulmine in una bottiglia che ha reso la loro corsa iniziale così magnetica.

Fred Barrett è uno scrittore cinematografico e musicale con una passione per il noise rock e il cinema d'essai. I suoi scritti sono apparsi anche su In Review Online e The Big Ship.

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